Stefan Luchian, “il poeta plastico dei fiori “

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Nella seconda metà del XIX secolo, in un momento in cui la società romena e le sue arti stavano subendo un processo di modernizzazione, la pittura in Romania era dominata da tre nomi: Nicolae Grigorescu, Theodor Aman e Gheorghe Tattarescu. 

Gli ultimi due erano i fondatori della scuola di pittura romena, invece Grigorescu, che era stato educato in Francia, a Barbizon, avrebbe usato le tecniche e i concetti che aveva imparato lì per dipingere un ritratto romantico del mondo rurale romeno.

In questo contesto, il nome di un altro grande pittore prende forma, cioè Stefan Luchian, che ebbe come professore il grande maestro Nicolae Grigorescu.

Stefan Luchian nacque a Botoşani, nella regione storica di Moldavia, nel 1868 e morì a Bucarest nel 1916. Uno spirito ribelle e indipendente, disapprovato dalla critica dell’epoca che amava i valori tradizionali, Luchian si laureò alla Scuola delle Belle Arti di Bucarest, dove ha studiato con Theodor Aman e Gheorghe Tattarescu.

Stefan Luchian si è distinto tra i suoi contemporanei come pittore ribelle e all’avanguardia. Oggi lo vediamo come un artista più convenzionale, i cui dipinti sono caratterizzati dall’uniformità quando si tratta dell’uso della luce, nonché dalla prevalenza di colori forti.

Dopo gli studi a Bucarest, Luchian proseguì gli studi a Monaco e Parigi, respingendo l’arte accademica della scuola di Bucarest e cercando ispirazione nella realtà, cosa insolita nel XIX secolo nell’arte rumena.

A Parigi, in piena effervescenza impressionistica, Luchian dipinge un quadro, “Ultima corsa d’autunno” (Ultima cursă de toamnă), che mostra l’evidente influenza di Manet e Degas. Un pittore di grande talento, Stefan Luchian ha istintivamente respinto le forme artificiali, indipendentemente dalla loro natura.

La malattia e la povertà materiale, invece, lo accompagnarono per sempre. Durante  un’esposizione del 1905 l’unico compratore di un suo quadro è stato il pittore Grigorescu.
Luchian non conosce il successo per molto tempo e solo un gruppo ristretto di ammiratori ed amici lo acclamano.

In contrasto con lo stabilimento artistico della sua epoca, Stefan Luchian è oggi una figura iconica, anche se intorno a lui è stato creato un vero mito, in parte a causa di alcuni aspetti della biografia, come la sua sofferenza di sclerosi multipla che lo ha portato ad una morte prematura a soli 48 anni.

Durante la sua vita lavorativa, il grande pittore ha attraversato varie fasi. Luchian è stato direttore dell’Accademia romena, ed è proprio dopo questo periodo che Luchian si ammalò.
Una nuova fase sarebbe iniziata, piena di sofferenza e povertà.

Man mano che la sua malattia peggiorava, il grande pittore divenne paralizzato, il che gli impediva di muovere la mano e tenere il suo pennello. Eppure, come Renoir, Stefan Luchian  aveva il pennello legato al polso e questo fatto gli permetteva di continuare a dipingere, creando i capolavori che oggi tutti conosciamo.

La malattia non ha impedito il pittore di provare amore per la vita e per la bellezza della natura. Ecco perché i fiori di Luchian, che hanno una cromatica brillante, furono la sua unica luce nell’oscurità che visse durante gli ultimi anni di vita.

“Tutto quello che ho imparato è grazie a Grigorescu”, avrebbe detto Luchian, il pittore romeno, che non poteva essere fermato né dal dolore, né dalla malattia. È proprio l’ambizione con cui ha combattuto la propria malattia probabilmente lo ha tenuto in vita fino a quella notte di giugno del 1916. Non poteva più muoversi, ma voleva disperatamente dipingere e ha dipinto fino all’ultimo istante.

Grazie ad un racconto di Tudor Arghezi,  siamo i “testimoni ” di un incontro speciale che avvenne tra Stefan Luchian e George Enescu, poiché quest’ultimo pare sia andato a suonare il violino, poco prima che il grande pittore morisse.

La scena è di un’inquietante bellezza: “Luchian stava piangendo, dice Arghezi, piangendo con un’emozione felice. Mi disse che l’ombra, con un mantello, era arrivata di notte, scivolando nella sua stanza silenziosa. L’ombra tirò fuori un violino dal suo mantello e cantò. Ha cantato per due ore intere, portando la musica di un altro mondo. E poi, quell’ombra prese il violino e il mantello, si avvicinò al letto del crocifisso e disse “Perdonami, per favore, sono George Enescu”.

Stefan Luchian è anche la storia del suo crudele destino e di un pennello legato al proprio braccio.

 


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